Ferragosto Ok è il titolo di un film di Sergio Martino, dove si narra il godimento estivo tipico degli anni ’80. Oggi tante cose sono cambiate da quel ruggente decennio, ma non vogliamo fare un’analisi socio-economica riguardo i cambiamenti nel corso di questi anni, ma una semplice costatazione e presa di coscienza di quello che mi circonda.
Ferragosto non è mai ok per me. Lo trovo un giorno dove si deve fare un qualcosa a tutti i costi. Ricordo il 15 d’agosto quando ero già al mare da diversi giorni, perfettamente integrato nel nuovo habitat vacanziero e allora quella giornata me la facevo scorrere via standomene in disparte a vedere orde di giovani e meno giovani tirarsi gavettoni, bere in maniera sguaiata da mattina a sera, partecipare a una moltitudine di giochi organizzati dall’animazione presente nel luogo di villeggiatura. Tutto sommato la giornata passava, la sera tornava tutto alla normalità e il day after tutti, o quasi, in spiaggia come gli altri giorni.
Passare il Ferragosto “a casa”, invece, implica che non si può rimanere nella propria abitazione a rilassarsi e a farsi beatamente gli affari propri, ma bisogna fare una gita fuori porta. Di gitarelle e scampagnate ferragostane ne ho fatte alcune, in quanto non potevo esimermi da tale compito, perché altrimenti tacciato di egoismo e pigrizia. Ecco, l’uscita di un giorno proprio a ferragosto è quanto di più odioso possa esserci. File in macchina, file al ristorante, file al bar, file per prendere il miglior posto per un pic-nic, file per accaparrarsi un barbecue all’aperto per grigliare, file per andare in piscina, file per prendere un gelato… Inoltre in questi agglomerati umani per famiglie vediamo personaggi curiosi e variopinti e francamente preferirei di gran lunga risparmiarmi questo spettacolo dalle tinte trash. Uomini che mostrano orgogliosamente il loro punto vita oversize che supera il quintale, donne sfatte di varie pezzature che sberciano sguaiatamente ai propri figli o, peggio, ai propri mariti che girano come degli zombi con il loro bel borsello a tracolla, diversamente giovani che ancora gozzovigliano a vino in tetrapak e birra in lattina, ma non sanno ancora di essere a pochi passi dal prepensionamento, balli di gruppo sulle note delle trite e ritrite hits estive che hanno solcato numerose estati calienti.
Poi c’è il ferragosto da universitario passato in casa: è il punto massimo della tristezza e della solitudine studentesca. Tutti gli studenti, ma soprattutto le studentesse fuori sede sono rientrate nella loro terra natia per passare l’estate in famiglia e con gli amici. Perugia è deserta, spettrale. I pochi locali notturni sono semivuoti e frequentati da strani avventori colti da una spasmodica caccia alla studentessa straniera rimasta eroicamente nel capoluogo umbro. Non riesco a trovare pace. Sfoglio l’agenda in cerca di qualche amica rimasta miracolosamente in città. Nulla. Chiamo il mio amico Absolut, l’ultimo last night hero perugino, l’ultimo poeta guerriero delle notti centraiole. Ci vediamo al solito posto. In fondo gli amici servono anche a questo. Bancone, birre, whisky, chiacchiere, risate per lasciarsi alle spalle questo temporaneo vuoto femminile. Domani è un altro giorno, uno in meno al rientro delle legioni studentesche nell’acropoli.
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